Ricorrenza: secondo lunedì dopo Pasqua

Sant’Abbondanzio

Martire

Nei primi secoli della Chiesa, per via delle le persecuzioni, i Cristiani si rifugiavano in quelle grotte sotterranee di Roma adibite alla sepoltura, che tuttora esistono e si chiamano catacombe: in questi luoghi pregavano, ricevevano i Santi Sacramenti e celebravano i divini Misteri sopra altari da loro stessi rozzamente costruiti ed ornati.

I Cristiani che all’epoca risiedevano a Roma, vivevano circondati dai pagani, e non curanti dei pericoli assistevano ai supplizi a cui erano condannati i loro fratelli nella fede (che piuttosto che rinnegare la loro fede accettavano di essere barbaramente uccisi) e di nascosto cercavano di recuperarne i corpi per provvedere alla sepoltura.

Quei corpi insanguinati, come se fossero dei preziosi tesori, venivano portati a fatica nelle catacombe e li trovavano sepoltura. Ciascun corpo aveva il suo loculo scavato nella roccia e chiuso da una pietra sulla quale molte volte vi era scritto il nome affiancato da alcuni simboli, come ad esempio la palma, insegna del martirio.

Nel 1672 si fece una numerosa estrazione di santi corpi dalle Catacombe di Priscilla, Calepodio e Pretestato. La quale è documentata dal Baldetti nella sua opera sui Cimiteri dei Santi Martiri ed antichi Cristiani di Roma.

 In essa si ritrova l’elenco dei Santi Martiri estratti da Mons. Guizzardi, ed è qui  che comincia la storia del nostro S. Abbondanzio.

 

All’epoca, Mons. Ercole Visconti, figlio di Teobaldo Visconti, Signore del castello di Cislago e fratello del Marchese Cesare si trovava a Roma ove aveva intrapreso la carriera ecclesiastica.

E’ a lui che si deve la venuta nella parrocchia di Cislago delle spoglie del martire Abbondanzio.

Nessuno più di Mons. Visconti aveva la facoltà di richiedere al Cardinal Gaspare di Carpineto, Vicario Generale di Sua Santità, che aveva la soprintendenza sopra le sacre reliquie, di aver un corpo di martire, di quelli che furono in quell’anno estratti dalle Catacombe. La domanda ebbe esito positivo.

 Infatti, mons. Visconti potè avere non solo un corpo intero, cosa già assai rara, ma addirittura uno identificato con nome proprio, che riposava sin dai primi secoli della Chiesa nelle catacombe di Priscilla, e questo era proprio il corpo di S. Abbondanzio, che figura in quel catalogo, e che venne a lui consegnato dallo stesso Guizzardi custode delle Reliquie.

Tutte queste informazioni si ricavano dall’atto autentico del 10 Marzo 1673, esistente presso   l’ archivio   parrocchiale   e   da notizie opportunamente assunte dal Rev.mo Prof. D. Ernesto Fontana in Roma e dal celebre archeologo Cavalier Rossi.

Non appena fu possibile, le reliquie di S. Abbondanzio vennero portate a Milano e prima di essere donate alla Parrocchia di Cislago, vennero presentate, chiuse in una cassetta, al Vicario generale della Curia milanese Mons. D. Andrea De Pilastris Protonotario apostolico, il quale delegò Monsignor Sormani, Canonico penitenziere della Metropolitana, a riconoscere i sigilli e dar la facoltà di esporre la reliquia alla pubblica venerazione.

Portata in Cislago, la reliquia venne collocata sull’altare alla pubblica venerazione, per sollecitare la pietà dei fedeli: Semen Martyrum semen christianorum – “il Sangue dei Martiri è il seme di Cristiani”. 

Sembrava come se da quel corpo irraggiasse un’aureola dalla quale proveniva un fervore che accendeva tutti gli animi. Quanti buoni propositi! quanti voti, quante consolazioni! quante grazie implorate ed ottenute!

Grande fu la cura dei Parroci nell’onorare il Santo sia negli abbellimenti dell’altare, sia nelle feste e particolari devozioni a cui concorrevano anche da altre parrocchie. Il Santo Martire venne acclamato lo speciale Patrono dei frutti della campagna, e la fiducia in lui posta si mantiene tuttora viva e ferma.

Testo tratto e adattato in lingua corrente dalla pubblicazione originale
del 16  MAGGIO 1886 IN OCCASIONE DELLE FESTE CENTENARIE DEL MARTIRE S. ABBONDANZIO

Liturgia

Oggi si mantiene viva la devozione verso il Martire Abbondanzio che dai fedeli di Cislago viene assunto come esempio di una fede salda e forte, capace di resistere e di donarsi per amore fino ad offrire la vita.

Proprio per questo, in occasione della festa patronale, che si celebra il secondo lunedì dopo Pasqua, all’inizio della celebrazione più solenne viene bruciato un “pallone” di cotone ornato e sormontato da una croce. 

Questo atto liturgico prende il nome di “Rito del Faro”. Il fuoco che brucia e riscalda, affiancato al simbolo della croce, sta proprio a significare che il Santo seppe donare la sua vita per amore di Cristo. 

Deus, benignitatis immensae [Inno a Sant’Abbondanzio] 
musica di Cristiano Perazzolo

Mottetto per coro a 4 voci dispari ed orchestra d’archi 

Il testo musicato, da un’orazione tratta dal Messale Ambrosiano contenuta nel Comune Natale dei Martiri, si intreccia tra le varie voci del coro Il tema principale è una semplice linea melodica di 4 note che da origine ad un contrappunto lineare.

Preghiamo

O Padre,
concedi a noi che ci siamo riuniti
nella memoria di S. Abbondanzio, nostro Patrono,
di essere come lui forti nella fede,
saldi nella speranza,
operosi nella carità,
così che anche noi possiamo
giungere un giorno
nella Patria beata del Cielo,
ove egli ci attende e prega per noi Gesù,
tuo Figlio e nostro Signore,
che vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen